L’argomento caldo di questo periodo è l’intelligenza artificiale, AI che sta per Artificial Intelligence, e ChatGPT in particolare.
Tutti ne parlano, alcuni ne cantano le lodi e altri la vedono come la rovina del nostro secolo. Secondo alcuni è l’innovazione che ci proietterà verso il futuro dei robot senzienti e delle macchine volanti e secondo altri il futuro che ci si prospetta è più simile a Io, Robot e… diciamo che agli umani non andava benissimo in quel film.
Visto tutto questo parlare, ho voluto testare anche io questa tecnologia.
L’intelligenza artificiale renderà obsoleto il mestiere del copywriter? Vedremo
Scrivere 100 articoli: il brief del cliente
Prima di tutto le cose importanti: questo test è stato fatto in accordo con il cliente.
Sembra un aspetto banale ma la trasparenza è uno dei valori fondamentali del mio brand e della mia attività; non è stato un tentativo di aggirare le richieste o di “fare meno fatica” ma una scelta di marketing condivisa.
Dicevamo, il brief del cliente:
- scrivi 100 articoli entro la fine della settimana
- gli articoli serviranno come guest post per ottenere backlink al sito dell’azienda
- la lunghezza minima deve essere di 650 parole, salvo eccezioni specifiche richieste da particolari siti ospitanti
- ciascun articolo deve contenere un link ad una specifica pagina del blog aziendale e un link generico alla homepage
- i titoli degli articoli e il link alla pagina del blog erano forniti dal cliente
- ogni articolo deve avere una Call To Action che inviti il lettore a prenotare una consulenza gratuita con il cliente
Scrivere con ChatGPT: il prompt
Con queste premesse, ecco il prompt:
- scrivi un articolo di almeno 650 parole dal titolo *titolo*
- all’interno parla di *argomento*
- ottimizzalo per i motori di ricerca
- inserisci anche dei sottotitoli H2
- vai a capo al massimo ogni 3 righe
- usa un linguaggio semplice e non commerciale
- nella conclusione inserisci una CTA che informi l’utente che può ricevere una consulenza con azienda cliente per risolvere i suoi dubbi riguardo l’argomento trattato
Questo è stato il prompt iniziale con il quale generare gli articoli. Spoiler: durante il lavoro ha subito diversi aggiustamenti.
ChatGPT mi ha dato diversi problemi
Con il prompt iniziale, alcuni problemi sono stati evidenti fin da subito:
ChatGPT è una bambina che non ascolta
“Quante volte ti devo ripetere le cose?” è una frase che mia madre ripeteva costantemente quando ero bambina e durante questo esperimento mi sono trovata a ripeterla più volte anche al mio computer.
Io do dei comandi a ChatGPT e lei (sì, sono convinta che sia femmina) non li esegue mai tutti.
Alcune volte non inseriva gli H2, altre volte li inseriva solo a corpo testo, senza applicare la formattazione HTML.
Altre volte scriveva in modo molto formale e tecnico quando avevo espressamente richiesto un linguaggio informale e non commerciale
Altre volte ancora, i paragrafi erano molto più lunghi delle tre righe richieste
Lunghezza degli articoli
Il problema maggiore che ho riscontrato, però, è stato relativo alla lunghezza degli articoli.
ChatGPT consegnava sistematicamente articoli di lunghezza inferiore a quella richiesta. Ho risolto questo problema piuttosto in fretta cercando di “imbrogliare” l’intelligenza artificiale: se quando ti chiedo 650 parole, tu me ne restituisci 400, se inizio a chiedertene 1000 forse me ne darai almeno 650.
Sembra assurdo dover utilizzare questi mezzucci con una macchina, forse questa signorina artificiale è diventata talmente intelligente da essere quasi umana, e con gli umani questi stratagemmi funzionano.
Sarà vero, sarà falso, Sarah Ferguson (cit.) ma ha funzionato; con una nuova prima riga di prompt
- scrivi un articolo di almeno 1000 parole dal titolo *titolo*
sono riuscita ad ottenere articoli che rispettassero i requisiti minimi richiesti dai siti ospitanti e dalle best practice della SEO
Correttezza delle informazioni
ChatGPT non fa fact checking, almeno non al momento in cui sto scrivendo questo articolo; e non è neanche un segreto; c’è una chiara dicitura proprio al di sotto della casella in cui inserire il testo.
Alcune informazioni negli articoli generati dall’AI erano semplicemente sbagliate; scritte molto bene e con convinzione, ma sbagliate.
Questo ha reso fondamentale la rilettura di tutti e 100 gli articoli e la parziale riscrittura di una buona parte di questi. In particolare, l’azienda cliente opera in un settore in costante aggiornamento e la base dati di ChatGPT si ferma all’anno 2021.
La maggior parte delle volte le informazioni non erano neanche sbagliate di per sé, erano solo vecchie.
Il problema, in questo caso, è doppio:
- non è possibile automatizzare completamente il processo di creazione e pubblicazione dei contenuti: anche integrando Auto GPT con Zapier o sistemi simili, il rischio è quello di mettere online contenuti sbagliati o anche solo che contengano informazioni vecchie già al momento della pubblicazione. È sempre necessario il controllo umano
- il controllo umano non può essere di tipo generico e solo formale: chi controlla il contenuto deve conoscere la materia in modo abbastanza approfondito da riconoscere un’informazione incorretta e saperla correggere. Il problema non è tanto saper reperire le informazioni corrette quanto accorgersi di quali siano quelle incorrette. Se ad esempio voglio scrivere un articolo che parli di medicina, anche utilizzando ChatGPT devo necessariamente farlo rileggere ad un medico o a un copywriter esperto in medicina.
Le Call To Action
Un aspetto che non mi ha soddisfatta degli articoli generati con l’AI erano le call to action: nonostante la qualità degli articoli fosse discreta e la comprensione del contesto di riferimento fosse buona, le call to action generate erano sempre estremamente generiche, sulla falsariga di
“Se vuoi approfondire l’argomento trattato nell’articolo, chiedi una consulenza a azienda”
Per ovviare a questo problema, ho scritto un paragrafo standard che contenesse la call to action e si potesse facilmente adattare ad ogni articolo e, in fase di editing, ho sostituito la CTA generata da ChatGPT con il paragrafo leggermente adattato.
Non è stata una soluzione ma solo una “toppa”, una toppa che ha funzionato però, standardizzando una procedura e velocizzando un lavoro che altrimenti avrebbe richiesto di investire un numero maggiore di minuti su editing e ottimizzazione di ciascun articolo. E ricordiamoci che sono 100 e io non avevo voglia di lavorarci la notte.
Almeno, io pensavo che avesse funzionato.
Questo metodo ha funzionato molto bene per la maggior parte dei siti ospitanti ma non è andato particolarmente giù a quei servizi che lavorano come “aggregatori” di siti web, vendendo spazi per guest posting “a pacchetto”.
A causa delle Call To Action standard, diversi articoli sono stati “rimbalzati” dai siti ospitanti e hanno avuto bisogno di essere modificati prima di poter richiedere di nuovo l‘approvazione e la pubblicazione.
Le informazioni che alimentano ChatGPT non sono italiane
È un dato risaputo e comunque facilmente intuibile: una buona parte dei dati con cui è stata addestrata l’intelligenza artificiale alla base di ChatGPT non proviene dall’Italia.
Anzi, aggiungo io, la maggior parte dei dati che sono comparsi negli articoli generati durante la sessione riguarda il Nord America e gli Stati Uniti in particolare.
Prompt per la creazione di articoli con titoli come
- le cinque migliori università per studiare…
- cinque libri che devi leggere se vuoi…
- cinque profili social da seguire se…
hanno generato liste di pagine social e atenei statunitensi e libri di autori nordamericani.
Un aspetto che si presenta come un non-problema, facilmente aggirabile specificando “italiani/e” nel prompt per generare un contenuto pertinente per il mercato nazionale;
Rimane però un punto interessante e da tenere in considerazione, specialmente quando si creano contenuti in massa: quello che viene generato da ChatGPT è spesso filtrato attraverso l’ottica e l’etica dei paesi oltreoceano.
I vantaggi della scrittura con l’AI
Veniamo finalmente ai vantaggi della scrittura di 100 articoli in una settimana con l’intelligenza artificiale:
- produzione massiccia: ça va sans dire, non sarei mai riuscita a scrivere da sola così tanti articoli in una sola settimana e allo stesso tempo… vivere!
- riduzione a zero del tempo (e dello sforzo) di ricerca: quando scrivo un articolo, la parte che mi occupa più tempo è quella legata alla ricerca delle informazioni, della loro razionalizzazione e della creazione di una scaletta. Niente di tutto questo è più necessario con ChatGPT: chiedi e ti sarà dato. Io le do un comando e lei scrive, subito. Chiaro, come già menzionato sopra, devo conoscere abbastanza l’argomento di cui le chiedo di scrivere per accorgermi se nel testo inserisce cazz… (per favore, sono una Signora dopotutto!). In pratica devo fare micromanagement a un robot. Ah, i miracoli della tecnologia!
E basta, so che sono solo due ma non me ne vengono altri. Magari continuando con la sperimentazione me ne verranno in mente altri e aggiungerò un benefit a questo articolo ma per ora no, i benefici sono solo due di cui uno forse un po’ a metà.
La mia non è e non vuole essere una forma di luddismo nei confronti della nuova tecnologia, anzi, sono convinta che abbia un potenziale incredibile ma ad oggi, per come la vedo funzionare e per come (dovrebbe) essere svolto il lavoro del copywriter, non la vedo come la grande minaccia esistenziale che tutti sembrano temere.
La vera sfida: scrivere 100 articoli in una settimana
Tutto bello, i limiti della base dati, gli aggiustamenti del prompt, la bambina che non ascolta ma sono stati tutti problemi, se così si possono chiamare, facilmente risolvibili o aggirabili.
La vera sfida è stata proprio scrivere 100 articoli in una settimana.
Vediamo insieme qualche numero:
100 articoli
Una settimana lavorativa è composta da 5 giorni, ciascuno di 8 ore (perchè va bene essere lavoratori autonomi, ma un po’ di equilibrio vita-lavoro è ancora il caso di ricercarlo)
Significa, in media, un articolo ogni 24 minuti, senza andare in bagno, senza bere un sorso d’acqua, senza fare una pausa (che, come l’INAIL ci insegna, sarebbe obbligatoria ogni paio d’ore per chi lavora al computer)
24 minuti per:
- Recuperare il prompt, che ho sapientemente salvato su Google Keep, la mia app preferita per gli appunti, in modo da tenerlo a portata di copia-incolla
- Incollare il prompt nella finestra di dialogo di ChatGPT
- Recuperare il titolo dell’articolo dal file Google Fogli condiviso dall’azienda
- Inserire il titolo dell’articolo nel prompt e far partire la creazione del contenuto
- Generare un nuovo file Google Doc in una cartella privata
- Rinominare il Doc con il nome della testata sulla quale il guest post andrà pubblicato
- Copiare a ChatGPT il testo generato e incollarlo nel file Doc
- Formattare l’articolo nel Doc con i livelli di titolazione adeguati
- Leggere tutto l’articolo e inserire eventuali correzioni, riscrivendo interi paragrafi quando necessario
- Fare fact checking
- Inserire in modo coerente il paragrafo con la call to action
- Inserire il link al blog aziendale nel modo più coerente possibile. Spoiler: non sempre era possibile
- Spostare file doc revisionato nella cartella condivisa con il cliente
- Ricominciare il giro con un nuovo articolo
Ora, non sto dicendo che 24 minuti non bastino per fare tutto questo, probabilmente ce ne vogliono anche meno per farlo una volta.
La cosa difficile è stato farlo una volta ogni 24 minuti, per 100 volte.
Sto dicendo che questa è la parte che più mi è pesata di tutto il lavoro: questo lavorare come se fossi in catena di montaggio. Non mi è piaciuto lavorare con ChatGPT perchè ha tolto tutta la creatività dal mio lavoro.
Scrivere con ChatGPT non è lavoro da copywriter, è lavoro da operai (con il massimo rispetto per gli operai di tutti i settori).
È la stessa differenza che c’è tra insegnare e correggere il lavoro di un allievo che non vuole apprendere: si perde tutta la magia, la parte creativa, la parte interessante del lavoro e si lascia solo la parte brutalmente operativa, fatta di penna rossa e note sul registro.
Per questo sono convinta che ChatGPT non farà sparire i copywriter, non quelli creativi almeno. L’intelligenza artificiale è intelligente ma non è creativa, non è sensibile, non è empatica e non riesce a trasmettere queste sensazioni al lettore. E come potrebbe? ChatGPT non prova emozioni.
Almeno per ora.